31 luglio-1 agosto 2010 – Majella

Questo giro ha avuto una lunga gestazione sul forum, dovuta ad indecisioni ed impedimenti di alcuni dei partecipanti, costretti alla fine alla rinuncia per motivi diversi. Ma l’attività di preparazione è andata avanti, come al solito. Io mi sono occupato dei percorsi, Yamanero di tenere i contatti con il rifugio a beneficio di coloro che avevano scelto questa sistemazione.

Le danze si aprono il sabato mattina, ma sarebbe corretto dire il venerdi pomeriggio, perchè Gipx e Yamanero si fanno un trasferimento Napoli – Roma sotto una pioggia torrenziale. Sabato mattina inizio il giro di raccolta: prima a Portuense a prelevare Gipx; poi, insieme, alla Garbatella a prendere Yamanero e Patrizia; alla Garbatella c’è anche Andrea, visto che siamo rimasti noi cinque a partire da Roma era inutile confermare la punta sulla Salaria. C’è necessità di una colazione e quale migliore occasione per far conoscere ai nostri amici Scugnizzi “er maritozzaro de Testaccio”? Espletata questa formalità attraversiamo la città per andare a prendere la Salaria ma troviamo via Tor di Quinto chiusa per lavori; poco male, saliamo su Corso Francia, un pò di Cassia, piccolo tratto di raccordo ed usciamo, finalmente, sulla Salaria. Non ci alletta il pensiero di percorrere la Salaria fino a Rieti in questo primo giorno di grande esodo, così arrivati a Passo Corese tagliamo per Poggio Mirteto, Poggio Catino, Monte Tancia ed infine scendiamo su Rieti. Piccolo ed indolore attraversamento per andare a prendere la Ternana e poi lasciamo anche questa, salendo per Apoleggia e la mitica 521. A Monte Tancia avevamo fatto ponte radio con Marmar che informava sulla rotta di Papen, proveniente dalle Marche: è partito sotto l’acquazzone ma noi finora abbiamo viaggiato sotto un sole splendido e così confermiamo l’appuntamento sotto Leonessa; rendezvous riuscito alla perfezione! Dopo i saluti saliamo nuovamente in sella e ci fermiamo a Posta per un caffè, Papen ne ha bisogno. Poi tutta una tirata fino ad Amatrice. I nostri amici partenopei possono così assaggiare un’altra famosa specialità, l’amatriciana in versione sia rossa che bianca. Solito siparietto per il conto, sempre economicissimo, e piacevole intermezzo con la più coatta, ma simpatica, delle cameriere… Aveva apostrofato in malo modo Yamanero perchè quest’ultimo non gradiva il vino. “ahò, hai letto come se chiama?* lo apostrofa lei; e Paolo: si, *passerina*. Di nuovo lei: “embè, nun me di che nun te piace la passerina?!?*. Mangiamo, da far schifo direi, e dopo aver scattato qualche foto dal belvedere sui monti della Laga, ripartiamo alla volta di Campotosto. Anche qui, al solito distributore, bel varietà con la signora che gestisce la pompa. Io avevo chiesto il permesso di entrare nel magazzino per fotografare una vecchissima sega a nastro (80 anni…), seguito poi da Gipx e Andrea. “ve piaceno le seghe?” ci fa lei, ed io: “Si, da quando eravamo piccoli”. Di nuovo lei: “però bisogna stacce attenti, perchè ponno fa male” Chiudo io: “Eh si, dicheno che ce se diventa ciechi”. Via, di nuovo, per la foto al cartello del Passo delle Capannelle, dove abbiamo un momento di nostalgia constatando che l’adesivo delle Iene è ancora li, a far bella mostrad i se sulla targa del passo. Foto di rito e si riparte, dopo un attimo di esitazione, in quanto la strada che ci porterà alla base della funivia del Gran Sasso ospita un bel cartello che recita: strada chiusa per frana. Ci guardiamo, io e Andrea, e vale il discorso di sempre: proviamo! Ma mentre ci accingiamo a salire un ciclista solitario e ben educato imbocca proprio quella strada, allora lo raggiungo e gli chiedo notizie: “c’è qualche strettoia, qualche sasso e pietrisco, si passa però”. Bene, per noi è suffciente, si va. Percorriamo a velocità ridotta quel tratto di strada, arriviamo a Fonte Cerreto, saliamo per Campo Imperatore, ed abbiamo l’emozione di veder volteggiare a fianco a noi una splendida poiana, tanto che ci fermiamo ad ammirare il suo particolare volo. Il commento quasi unanime: “ed ora chi glie lo dice a Danilo?” Proviamo a chiamarlo ma i telefoni già sono fuori campo. Arriviamo a Fonte Vetica ed un meteo dispettoso ci regala l’ultimo chilometro sotto un’acquazzone incredibile… non si vede nulla, abbiamo un muro grigio davanti a noi; fortuna che siamo arrivati oramai, e solo poche centinaia di metri prima avvistiamo il rifugio e ci fiondiamo nel piazzale, scendiamo e ci portiamo al riparo. Io e Andrea, in verità, avevamo optato per il pernotto in tenda ed aspettiamo la fine del diluvio per decidere per il si o per il no, ma tutti insistono nel volerci al rifugio; i posti ci sono in quanto abbiamo avuto due defezioni, e cediamo, spinti anche dalla poca voglia di montare le tende sul bagnato. Sistemiamo le cose, doccia e cambio d’abito con indumenti più confortevoli. Poi la cena, che è meglio tacere per decenza, così come è meglio tacere i discorsi fatti a tavola. Siu ride, tantissimo, si mangia si beve, anche vino visto che non dobbiamo guidare; ci tracanniamo anche degli strani miscugli a base di vov, rhum, caffè e panna, buoni però! Arriva così il momento di andare a dormire, non senza aver visto sorgere econ una rapidità sorprendente, una bella luna, luminosissima, nel cielo oramai sereno e stellato. Yamanero e Patrizia si sono sistemati in una camera da quattro posti a loro uso esclusivo, mentre io, Papen, Free e Gipx ci sistemiamo in una camera con un matrimoniale -Free e Papen- e due letti a castello -io sotto e Gipx sopra-. Chi ci conosce, chi è dei nostri può immaginare il cameratismo estremo di quella situazione.

Il mattino dopo la sveglia è per le 7 e 30, ma prima delle 6 sono già fuori per fotografare l’alba; mi raggiunge Papen, poco dopo; poi saliamo in camera, facciamo i bagagli, colazione, conto e si riparte, per una nuova giornata in moto.

E’ domenica, dunque… pian piano scendiamo dal rifugio, attraversiamo la piana e saliamo suilla strada per Castel del Monte; splendido percorso e salendo mi fermo ad un belvedere naturale che offre una vista unica ed emozionante sul Monte Camicia, il Prena ed il Corno Grande; foto e via. Sosta a Castel del Monte per caffè e telefonate varie. Un ragazzo, da un balcone, informa Yamanero che *non ha tacche*: che c’hai? vodafon? Allora devi annà al muretto, dall’altra parte della piazza…” Funziona! Chiamiamo anche Danilo, che si sta mettendo in viaggio con Daniela, Ste ed Elisabetta, e ci diamo appuntamento dalle parti di Pescasseroli – Opi. Riprendiamo il cammino, ma questa volta mi fermo solo dietro suppliche da dentro al casco da parte di Yamanero, dopo aver comunque trascorso un 250 Km a passo Garibaldino. Sosta brevissima, strade fantastiche a parte qualche frana che ci aveva costretto ad improvvisare, ed arriviamo ad Alfedena; benzina, aggiustiamo l’appuntamento con Danilo e gli altri e ci incontriamo al bivio sotto Opi, fra la strada che porta a Pescasseroli e quella che sale a Forca d’Acero. Breve conciliabolo, un malinteso con Andrea e Silvia e di corsa a Pescasseroli; è tardi e rischiamo di saltare il pranzo. Danilo trova una trattoria che si rivelerà buonissima e dunque ci sbafiamo un bel pranzetto. E dopo il lauto pasto il gruppo si divide, con gli Scugnizzi verso Napoli e noi tutti a valicare il Passo del Diavolo e a prendere l’autostrada per Roma. Già a 30 Km da Roma c’è un traffico tremendo; nopi ci siamo salutati poco prima all’autogrill e dunque, per nulla ttratto dal bordello che troverò sicuramente al casello, prendo la bretella e me ne vado ad uscire a Roma sud, proprio sul raccordo. Una mezz’oretta di delirio e sono a casa. Dimenticavo: nella Maiella abbiamo avvistato la seconda poiana, sarà difficile farlo digerire a Dennykey.

 

Grazie a tutti, alla prossima.