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25 luglio 2014 – Senza Meta

Un venerdì qualunque…
Con Murdok ci eravamo scambiati un messaggio via WhatsApp un paio di giorni fa: “io venerdì sono libero, te che fai?”.
La risposta arriva il giorno dopo: “per venerdì ok”.
Appuntamento alle otto all’area di servizio sulla Roma – L’Aquila. Puntuali, anzi, come nostro solito alle sette e mezza siamo già lì…
Colazione, rapida, un messaggio sibillino a MrSergio ma non sorte nessun effetto, solo un “magara” al nostro invito a raggiungerci.
Partiamo, con calma percorriamo i pochi chilometri che ci portano all’uscita di Vicovaro.
Non abbiamo una meta precisa, Murdock deve rientrare presto nel pomeriggio, verso le cinque, cinque e mezza, così navighiamo a vista.
Vicovaro, dunque, poi Arsoli, Carsoli e via dicendo fino a Tagliacozzo; poi Magliano dei Marsi, il nostro bar abituale.
Un paio di foto, due chiacchiere e si riparte: Massa d’Albe, Forme e poi la splendida strada per Ovindoli, raggiunta e passata la quale ci immettiamo sulla strada che conduce a Secinaro.
Siamo nel cuore del parco del Velino Sirente, paesaggio mozzafiato!
Ci fermiamo per un paio di foto e per assimilare profumi e paesaggio; certo che non fa affatto caldo, anzi!
Secinaro, la logica dice di proseguire per Castelvecchio, per poi scendere per le Gole di San Venanzo.
Ma la strada è chiusa, all’incrocio. Sia mai che ci facciamo scoraggiare e dunque proseguiamo, seguiti da un motociclista solitario. Ma questa volta non c’è nulla da fare, proprio non si passa: camion e ruspe sono ai bordi di una specie di voragine che prende tutta la larghezza della strada. Dietrofront!
Solo un chilometro per ritornare all’incrocio dove, dopo una rapida consultazione, decidiamo di non ripercorrere la strada già fatta e dunque saliamo per la SR261: Molina Aterno, Acciano, Fontecchio e poi la periferia dell’Aquila.
Il tutto a velocità moderata, per godere il scioltezza il piacere della guida e della vista su panorami austeri e spettacolari.
Attraversiamo L’Aquila, una stretta al cuore! Ferite ancora aperte, chissà quando e se si saneranno…
Usciamo dal centro per immetterci sulla SS17Ovest. Dopo pochi chilometri il caos è oramai alle spalle, cominciamo ad apprezzare le considerevoli doti di questa strada: fondo perfetto, tracciato che sembra una pista, veloce, velocissimo; è veramente pericoloso farsi prendere la mano, ma noi pur concedendoci il giusto divertimento siamo sempre prudenti.
Sella di Corno rappresenta l’apice di questa goduria, ma non la fine perchè la seconda parte del tracciato, verso Antrodoco, produce altrettanta adrenalina.
Da Antrodoco si procede sulla SS4, fino alle porte di Rieti; prendiamo una strada a noi nota, montana, solitaria, deserta, curve a non finire. Longone Sabino, sono le dodici e mezza, non ci siamo mai fermati, rifornimento senza scendere dalla moto, unica sosta la mattina poco prima delle nove a Magliano dei Marsi… non è che sentiamo i morsi della fame, ma data l’ora non ci dispiacerebbe assaggiare qualcosa.
La mia idea è di andare verso il Turano, la strada ci consente questa possibilità, ma non seguiamo la via più facile, scontata. Lasciamo la strada principale, in questo punto di per se già stretta ed alquanto sconnessa.
Viottolo, sterrato, poi fuoristrada vero, con pietrisco e canaloni, il paradiso: una veduta sul lago, dall’alto, che ci consente di ammirarlo nella sua interezza. Ora si scende, ci infiliamo in una macchia folta e sempre più stretta.
Arriviamo a Castel di Tora da una direzione alquanto insolita, dopo un giretto nelle strette vie del paese arriviamo al ponte ma invece di percorrerlo ci inerpichiamo su una corta ma ripidissima salita.
MrSergio mi aveva parlato un ristorantino che aveva visitato la scorsa settimana e vogliamo provare: aveva ragione, molto babbaluco il posto, il cibo, il conto!
Molto soddisfatti, ci godiamo la vista del lago da sotto la fresca pergola, una siesta non molto lunga ma appagante, poi si riparte.
Passiamo, ora si, il ponte; Posticciola, il bivio di Rocca Sinibalda,  senza indugi verso Monteleone e poi Salaria.
Pochi chilometri, quanti bastano per farci maledire un paio di automobilisti imbecilli contromano, addirittura un sorpasso in terza fila e prima di una curva… ‘cciloro!
Arrivati a Passo Corese non abbiamo dubbi: pochi chilometri di autostrada ci porteranno al raccordo, dove le nostre strade si divideranno.
Lisciamo la stazione di servizio dove avremmo potuto salutarci… ci facciamo segno che ci telefoneremo.
Arrivo a casa, il parziale segna 520km, freghete lupè! Nonostante i chilometri percorsi abbiamo anche rispettato l’orario di rientro.
Anzi, come da cultura Babbaluca, siamo naturalmente in anticipo!

Tutto questo è stato il nostro venerdì qualunque, dove avremmo dovuto essere impegnati in tutt’altre attività.
E’ stato quasi come nei Giorni del Porcoddue: lontano dalla routine, dai pensieri, da tutto ciò che è fastidioso. Abbiamo spezzato la spirale, ancora una volta, e siamo felici.
Quanto poco ci vuole per stare bene: un amico, vero, come lo sono tutti i Babbaluci, la moto sotto al culo e la strada davanti… Null’altro!

Grazie, Jean, per questa splendida giornata.
Un abbraccio fraterno in attesa di incontrarci di nuovo.

Alla prossima, magari con tutti gli altri Amici!

22-29 giugno 2014 – Dolomiti & Austria

Questa volta sembrava proprio non si dovesse fare!
Mille impedimenti, impegni, problemi… il viaggetto annuale, anche nel momento in cui tutto era definito, dalle prenotazioni agli itinerari, non suscitava la solita frenesia, tipica di questi eventi.
Ma poi tutto si è materializzato all’improvviso, con l’unica ansia di sempre: riuscirà Marmar ad effettuare le prenotazioni del suo traghetto per le date giuste?
Fortunatamente, al terzo tentativo ha azzeccato l’ambo 🙂
Defezioni importanti ne abbiamo comunque avute, Murdok e Jack, ed anche se il viaggio è stato divertente e senza problemi i loro fantasmi si palesavano inquieti ed inquietanti nelle gallerie, nei corridoi degli alberghi e se ti affacciavi di notte dalla camera potevi scorgere i loro lenzuoli luminescenti aggirarsi fra le moto a lubrificare con olio evanescente le catene.

Il gruppo si ritrova domenica 22 giugno, la mattina molto presto: alle 5e30 siamo tutti alla solita area di servizio sul GRA: Freeblue ed Annina, MrSergio, Marmar, Ulysse e Lucilla ed un intrepido Murdock che come forma di autolesionismo sceglie di venirci a salutare al momento della partenza, facendo colazione insieme a noi.
Manca solo Donna Flo, in visita alla sorella in quel di Fermo; ci raggiungerà lungo la via, l’appuntamento è a Faenza.

Si parte! Salutiamo Murdok, che ci segue con l’auto per un pezzo di raccordo, ed imbocchiamo decisi l’autostrada.
Il nostro punto di uscita sarà Incisa. Fa freddino e le previsioni meteo non sono certo incoraggianti, ma pur viaggiando sotto i 130 ci beviamo l’autostrada, facendo anche una sosta in autogrill per il necessario svuotamento idraulico.
Bella scenetta durante la sosta: in idiota a bordo di una Golf, in compagnia di una bella ragazza, arriva in stile “what’s American boy”, spedito, curva larga veloce e decisa per entrare nel parcheggio e… SBRANGH! prende in pieno il marciapiede con una ruota. Io e MrSergio avvertiamo un sibilo: ha spaccato la gomma, che nel breve lasso di tempo che serve ai due per scendere dall’automobile è già a terra.
Mr Idiot esordisce con un semplice e superficiale “ho bucato”!
Ci rimettiamo in marcia, usciamo dall’autostrada e dopo aver percorso un piacevole tratto lungo l’Arno siamo sulla statale che ci porta prima a lambire Pontassieve e poi a Dicomano, crocevia di mille nostre scorribande sul Tosco Romagnolo.
Prendiamo la direzione di Borgo San Lorenzo ed uno sguardo al TomTom mi dice che l’ora ed i km mancanti per Faenza ci consentono una sosta, non prevista ma “premeditata”: a Vicchio, o meglio a Ponte a Vicchio, ci fermiamo alla Casa del Prosciutto, sosta doverosa nei confronti di coloro che non la conoscono.
C’è il sole e fa anche caldo, ora. La tesoriera Annina e gli altri entrano, tranne il sottoscritto che resta a guardia delle moto con tutto il loro carico, inclusi navigatori, ricetrasmittenti, caschi lasciati appesi eccetera.
Escono recando preziosi involti di pizza con mortadella, prosciutto, acqua e CocaCola.
Ci sbafiamo il tutto seduti ai tavoli sotto la pergola, concedendoci un’oretta di relax e cazzate varie, poi giustamente arriva il momento di ripartire.
Borgo San Lorenzo, rapida salita al Passo della Colla, foto ricordo sotto il cartello del passo ed altrettanto rapida discesa a Marradi, da dove ci lanciamo per Faenza.
Qui, dopo un volo pindarico, incontriamo il papà e la sorella di MrSergio, incluse le due bellissime e simpaticissime nipotine.
Qui arriva anche Flo, il che mi toglie quel peso che mi portavo dietro dalla partenza. Non per sfiducia nei confronti di Flo o di altri, ma esperienza e fatti vissuti dicono che appuntamenti del tipo “alle otto e ventinove alla prima area di servizio sul raccordo Siena Bettolle, fra Colonna del Grillo e Castelnuovo Berardenga” sono fattibili solo con i Babbaluci da una parte (ovvio) e Jack dall’altra!
Scherzi a parte, una semplice foratura potrebbe far cominciare molto male l’avventura e sarebbe bene evitare. Ci servirà per la prossima volta… Io cerco sempre di tenere preoccupazioni ed ansie lontane dai nostri viaggi e scorribande, non è il caso di andarsele a cercare.
Bene, dopo la piacevole sosta a Faenza che ha coinciso anche con lo spuntino a pranzo, ci spippiamo con notevole spirito di sopportazione il lungo tratto autostradale che, passando per Bologna, ci condurrà fino a Belluno.
Fortunatamente il tempo regge, solo un paio di soste, sufficienti per far riprendere alle chiappe la usuale forma, ed arriviamo nei tempi previsti a Ponte nelle Alpi, dove usciti dall’autostrada dirigiamo verso Belluno.
Qui è decisamente più divertente, la strada sinuosa, i panorami ci destano dal torpore autostradale e con rinnovata energia maciniamo i restanti chilometri.
Ma… ecco che visiere e cupolini cominciano ad impreziosirsi con perle di rugiada… cazzo, affanculo la poesia, PIOVE!
Nulla di esagerato, però; acqua che scende dolcemente e che smette anche abbastanza presto, così che arriviamo ad Alleghe, nostra prima tappa, praticamente asciutti.
L’albergo è una graziosa costruzione nello stile tipico di questa zona; all’arrivo ci viene subito aperto il garage dove ricoveriamo le moto.
Scarichiamo i bagagli, ci impossessiamo delle camere e dopo una rapida doccia ci ritroviamo nuovamente tutti quanti: un’occhiata al lago, le cui acque lambiscono il giardino dell’albergo, qualche foto, convenevoli con una simpatica combriccola di vecchietti marchigiani in gita e fra un “scine” ed un “none” arriva presto l’ora di cena.
Sinceramente ci aspettavamo che l’albergo svolgesse il tema “cena” con argomenti più convincenti, degni dei palati e degli appetiti Babbaluchi, ma comunque strappano la sufficienza, più per nostra generosità che per loro meriti. Durante la cena conosciamo Giulia, cameriera giovanissima, bella e simpatica e scopriremo poi anche laureata, alla quale va il nostro caloroso saluto.
Dopo cena siamo troppo stanchi per poterci concedere i soliti momenti divertenti, dunque presto prendiamo la via del letto.
Il cielo non promette nulla di buono, vento e pioggia si impossessano delle tenebre, ma personalmente confido che domani il sole non mancherà di mostrare la sua prepotenza agli altri elementi.

E’ lunedì, dunque, e di buon mattino siamo riuniti al tavolo della colazione, durante la quale decidiamo il percorso odierno: viste le condizioni meteo pensiamo di sfruttare la mattinata ed il primo pomeriggio per fare strada e salire ai passi, poi se il meteo ce lo consentirà effettueremo estensioni altrimenti, in caso di maltempo, saremo già nei pressi della locanda.
Partiamo, rifornimento appena usciti dal bel paesino di Alleghe; poi la strada inizia a salire: Passo Pordoi e Passo Sella fatti a bassa andatura, per goderci lo spettacolo offerto da queste montagne imperiose e dalle pittoresche vallate. Ovvie foto transitando sui passi, acquisto di spille ed adesivi, caffè, duemila curve in rapida successione… insomma, una tranquilla giornata facendo “quattro passi” con gli amici.
Si prosegue, scendiamo dal Passo Sella e ci dirigiamo verso Passo Gardena percorrendo una statale molto bella, per panorami, curve, fondo stradale… Ma purtroppo, arrivati al punto in cui si dovrebbe iniziare a salire per il Passo Gardena, la sbarra abbassata impedisce l’accesso.
In questi casi, come dimostrano passate esperienze, non ci facciamo intimidire e quanto meno proviamo a passare, nel peggiore dei casi si torna indietro; ma siamo attorniati da altre moto e così decidiamo di non dare il cattivo esempio. Torniamo qualche centinaio di metri indietro, giusto per parcheggiare davanti ad uno splendido chalet dove consumeremo lo spuntino di metà giornata; l’ora c’è, la fame pure, sarà una occasione anche per fare il punto della situazione e goderci un pò di sole. In effetti ci godiamo anche il pranzo, a base di canederli, speck, formaggi; apprendiamo anche che l’imponente massiccio davanti a noi è il Sassolungo.
Il cibo ottimo, le ragazze che servono ai tavoli sono simpatiche ed efficienti, lo chalet è veramente grazioso, il panorama stupendo… cosa volere di più? Che la salita al passo fosse aperta, magari.
Le ragazze ci informano che c’è stata una frana nella notte e dunque si ripete la storia vissuta al Col de l’Iseran quando facemmo la RDGA.
Decidiamo di tornare indietro, purtroppo dovremo di nuovo valicare il Passo Sella, in senso contrario ovviamente, ma poi invece di proseguire per il Pordoi scediamo a Canazei e prendiamo la strada fra i boschi che ci condurrà prima al lago di Fedaia, poi a Malga Ciapela ed infine, a pochissima distanza, a Sottoguda.
Durante questo tragitto il cielo era diventato nero e un pò di pioggia l’abbiamo presa, ma arrivati a Sottoguda anche se non c’è la comparsa del sole per lo meno non piove. Decidiamo di andare a vedere le gole, ma il trenino che dovrebbe condurci lungo il percorso oggi non fa servizio e così, con stivali ed abbigliamento tecnico, sarebbe impossibile percorrere a piedi i cinque chilometri di andata e ritorno nelle gole.
Riprendiamo la strada, arrivati al bivio per Alleghe decideremo se proseguire per il Falzarego ed il Giau o rientrare alla locanda. Arriviamo al bivio asciutti, ma il cielo sopra le montagne è nelle peggiori condizioni possibili, tanto che non mi sento di incoraggiare la salita ai due passi. Proseguiamo per Alleghe e durante il tragitto cerchiamo la cascata indicata dai cartelli che avevo notato la mattina uscendo dal paese, ma arrivati ad una radura, dopo aver percorso un tratto in fuori strada, la cascata sembra non essere nelle immediate vicinanze e dunque, definitivamente, rientriamo.
Definitivamente è parola grossa… dato che qui il tempo ancora regge, ci cambiamo velocemente e ritorniamo ad Alleghe, dove ci gustiamo uno spritz seduti comodamente ai tavoli di un bar, su una terrazza affacciata sul lago.
Abbiamo anche modo di fare due passi nei dintorni, entrare in un negozio di sport per poi scappare via alle prime gocce d’acqua.
Facciamo appena in tempo ad entrare nel garage che si scatena il finimondo, con acqua a catinelle ed un vento impressionante. Durerà quasi tutta la notte.
Noi intanto ci andiamo a cambiare e dopo la doccia di rito ci ritroviamo al piano terra, dove Flo prende lezioni di burraco dalle arzille vecchiette, altri sorseggiano birra, altri ancora impegnati al telefono.
Arriva l’ora di cena, solito rancio non schifoso ma che neanche ci sorprende per qualità e quantità.
Dopo cena giochiamo a carte, a “merda”, gioco molto divertente e coinvolgente. Anche la bella Giulia, espletato il servizio in sala, si unisce a noi e “sci diverte, sci, proprio coscì”!
Fra cazzate, botte sulle mani ed unghie conficcate nella carne (la mano destra di Ulysse è un’arma letale e ne fanno le spese la mano di Marmar ed anche quella di Annina) giunge l’ora di andare a nanna.
Tutto sommato la pioggia non ci ha disturbato più di tanto, dandoci un avvertimento nel pomeriggio e facendo poi la sua comparsa definitiva solo al momento del rientro; si potrebbe anche dire che i Babbaluci hanno esperienza e cervello per saper cogliere i segnali e capire quando è il momento di rientrare… la salita al Passo Gardena è stata sostituita con un percorso altrettanto valido, la sosta spuntino è stata molto positiva, la compagnia dei Babbaluci sempre divertente ed entusiasmante. Domani non potremo scegliere il percorso, dato che questa possibilità ce la siamo giocata oggi e con gran successo.
Martedì, solita colazione; il cielo ha scaricato durante la notte acqua e vento a volontà, ora è rabbuiato e le nuvole nascondono le cime delle montagne.
Ma se la tendenza è la stessa di ieri, potremo contare sulla presenza del sole durante la mattinata e parte del pomeriggio; ci mettiamo in marcia con questa speranza, che è quasi una certezza.
Usciamo da Alleghe, direzione opposta a quella di ieri; un percorso molto piacevole ci porta, in breve, a salire alla Forcella Aurine ed un ancor più entusiasmante tracciato, fra i boschi, ci conduce a Passo Cereda.
Foto e proseguiamo per San Martino di Castrozza, attraversando poi l’omonimo parco naturale nel quale è inserita la salita al Passo Rolle. Solito caffè, spille ed adesivi e ci rimettiamo di nuovo in marcia.
Passo Pramadiccio e Passo di Lavaze ci conducono sulla splendida statale che ci porterà al lago di Carezza.
Un colpo d’occhio suggestivo, il laghetto incastonato fra le montagne, con il Latemar a fare da quinta. Il lago è veramente come lo si vede dalle foto che si trovano in rete: cristallino, con colori saturi e particolari.
In lingua ladina viene chiamato “Lec de Arcoboan” ed è proprio così! Parcheggiate le moto entriamo in quella specie di centro commerciale, per niente invasivo e che non deturpa affatto questo meraviglioso scenario; ci serviamo di una tavola calda per il meritato spuntino, a base di salsicciotti, tacchino, patate ed un assaggio di polenta.
Poi al lago… scendiamo alla sponda più vicina, fotografiamo, leggiamo le numerose targhe che ci ricordano che questa è la zona in cui cresce l’abete di risonanza con il quale vengono costruiti violini e chitarre; ci immergiamo in questa atmosfera magica, da favola.
Si riparte, come è giusto che sia, conservando questo scenario nelle nostre capoccette.
Passo di Costalunga, Vigo di Fassa, Moena e poi la spettacolare salita al Passo San Pellegrino, durante la quale incrociamo un curioso e datato “centauro” a bordo del suo instancabile cinquantino!
Dopo il valico, il tracciato ed il panorama sono altrettanto spettacolari: qui i tornanti, in ripida discesa, sono molto più numerosi, con un raggio molto stretto e c’è modo di divertirsi semplicemente guidando, tranquilli e lisci come la seta.
Anche oggi non abbiamo preso acqua, avendo avuto la comparsa di un pur timido sole, con un rientro ad Alleghe che più asciutto non si può.
Doccia, abiti civili e ci ritroviamo nella sala per vedere la partita del mondiale: gioca l’Italia contro l’Uruguay.
Prendiamo posto nella sala, attorniati dai simpatici vecchietti marchigiani e di nuovo Giulia in nostra compagnia.
Io sono tranquillo, tanto lo so che dopo il fuoco fatuo con l’Inghilterra ripeteremo la figuraccia fatta contro il Costa Rica.
Non dovrei farlo, ma apro una parentesi personale, passionale, “de core”: Prandelli non l’ho mai potuto sopportare, già dalla sciagurata partita contro la Juve quando ci venne annullato il gol di Turone.
Men che meno lo potei soffrire quando fece la sua fugace ed infame apparizione nella Roma, da allenatore.
La mia stima come uomo e come professionista del calcio è sempre stata negativa, ma questo è un mio parere personale e poco importa.
Quello che importa è che, puntuale, è arrivata la figuraccia con l’Uruguay e la conseguente eliminazione dal mondiale. Complimenti vivissimi!
Mentre noi, a gratis, ci divertivamo a giocare a “merda” lui, insieme al sopravvalutato SuperMario, impietosiva l’Italia con una figura di merda vera; pagato profumatamente, però.
Una nota di colore: nel 2012 eravamo in viaggio, noi Babbaluci, e ad Ivrea durante la cena assistemmo alla disfatta dell’Italia all’Europeo: 0-4 contro la Spagna.
Noi che portiamo sfiga? No no, loro le solite pippe ar sugo!
Dopo questa disgraziata parentesi ci mettiamo a tavola, stasera le cose vanno un pò meglio.
Il dopo cena ci vede impegnati nel solito gioco a “merda”, divertente e gratuito, poi si va a dormire. Solita buriana di acqua e vento durante la notte.

Mercoledì, oggi è giorno di trasferimento.
Si impacchettano i bagagli sulle moto, saluti ai vecchietti, a Giulia, e dopo la colazione si parte. Una deviazione dal percorso impostato sui TomTom ci porta a valicare il Falzarego ed il Valparola, che non avevamo potuto fare il lunedi per il cambio di itinerario causato dalla frana sul Gardena. Piove pianissimo, ma confidiamo nell’usuale miglioramento.
Ci ricongiungiamo poi con la retta via, ovvero la piacevole statale che ci porta a Brunico. Rifornimento, caffè e proseguiamo per il lago di Anterselva: percorso per lo più rettilineo ma immerso in una natura rigogliosa, da cartolina. Il lago è molto carino, ci fermiamo a fare le foto ed una breve passeggiata lungo la sponda. Si pensa, inizialmente, di fermarsi qui per lo spuntino ma il semaforo a tempo per salire al Passo Stalle consiglia, nonostante qualcuno insista, di proseguire e non perdere tempo inutilmente, tanto sicuramente al valico troveremo qualcosa per rifocillarci.
La salita è ripida, tortuosa e molto stretta, si percorre a senso unico grazie al semaforo a tempo ed è una benedizione, perchè a parte che due auto proprio non ci passerebbero, ma in moto ci si può concedere di buttare un occhio al panorama senza doversi impegnare esclusivamente nella guida.
Al passo la veduta sulla valle e sul lago è spettacolare. Il rifugio è proprio sul valico e dalla terrazza si può continuare ad ammirare il panorama.
Anche qui canederli ed altre prelibatezze tipiche soddisfano il palato quanto l’ambiente circostante appaga l’occhio e lo spirito.
C’è il sole, anche troppo! E adesso possiamo disporre del tempo secondo le nostre esigenze e non quelle del semaforo, i Babbaluci sono sempre lungimiranti!
Solite spillette ed adesivi li abbiamo presi, si riparte. La discesa nella valle successiva, ovviamente ora in territorio Austriaco, è veramente entusiasmante, attratti come siamo dal panorama incontaminato, con le poche case di contadini, i piccoli borghi rurali con giardini che neanche nelle riviste specializzate si possono ammirare.
Un buon tratto di strada, circa 40km, tanto dura questo angolo di paradiso. Poi la statale, comunque sempre piacevole, ci conduce a Lienz e poi a Grosskirchheim, nostra meta.
Il posto è incantevole, il piccolo borgo ha un sapore antico, tutto è pace e tranquillità; la locanda poi è un posto da favole.
Ci presentiamo alla gentile signora, che arriva dopo una breve attesa durante la quale abbiamo modo di vedere un simpatico, anziano e secco signore prendere la porta di uscita con andatura di bolina, barcollando peggio di un peschereccio sballottato dalla mareggiata… ammazza che sbornia! Mi fa piacere, mi ricorda mio nonno! Quale dei due? No, nessuna differenza, entrambi si imbenzinavano spesso ma soprattutto volentieri 😀
Prendiamo le camere, che ci lasciano letteralmente stupefatti per ampiezza e soprattutto per le particolarità architettoniche ed anche dell’arredo.
Cerchiamo di addolcire il nostro aspetto svestendo l’armatura motociclistica e dopo una ritemprante doccia indossiamo abiti più rilassanti e ci rechiamo in giardino, dove fra una chiacchiera e l’altra consumiamo un aperitivo a base di pollo fritto e birra.
Ma qui succede il fattaccio! I locandieri hanno un bellissimo cane: Max, un enorme russian terrier, nero come la pece. Simpatico, socievole, gradisce le nostre carezze, soprattutto quelle di Marmar che nell’impeto del gioco finisce a terra. assumendo una posizione, per così dire, dog style! E’ un attimo, Max gli è sopra e… zum zum, che spendida cagnetta! avrà pensato il terrier.
Io mi piego in due dalle risate, gli occhi appannati dalle lacrime. Un più lucido Freeblue riesce a riprendere la scena con il telefono ma purtroppo si sono persi gli istanti iniziali, che peccato!
Mentre scrivo mi sto ancora sganassando dal ridere!
Dopo questa romantica parentesi Max viene ricondotto a cuccia e noi, poco dopo, prendiamo posto a tavola.
La cena è eccellente, a dir poco. Ora si che siamo a livelli abituali e consoni ai Babbaluci. Prelibatezze locali, ottima birra; Arti (?!), simpatico ragazzo in sala che era già stato “addocchiato” nel giardino da una esuberante e per niente timida Flo (questo è simpatico anche a noi, non quello jettatore olandese sul Valparola!) ci spiega il menù in inglese, ma è un inglese per me più incomprensibile dell’idioma locale, che non è il tedesco standard. Bene o male, anzi molto bene, le pietanze arrivano a tavola e sono quanto di meglio avremmo potuto desiderare.
E la cena ci è costata una stupidaggine, come del resto il soggiorno.
Dopo cena altra partita a merda, ovviamente rinominata “scheisse”. Giulia è stata sostituita da Arti, che si adegua immediatamente e vince anche diverse mani.
Si va a dormire, domani la giornata sarà lunga e faticosa. Oh, anche oggi giornata asciutta! Giustamente MrSergio fa notare che il meteo dice che nel fine settimana sarà bello, mica arriverà all’improvviso domenica mattina! Cazzarola, dovrebbe già migliorare da prima ed infatti oggi è stata una giornata soleggiata dopo l’iniziale umidità dovuta più che altro al fare strada fra le nuvole, sui primi passi dopo Alleghe.

Il giovedì mattina, dunque, ci ritroviamo non troppo presto. I più arzilli sono comunque già in giro per il piccolo borgo… Ci riuniamo, colazione, si salda il conto e finalmente si parte: direzione Grossglockner!
Siamo veramente a pochissimi chilometri dall’inizio della salita al passo; fatto il rifornimento alle moto poco dopo il paese, iniziamo a marciare su questo splendido percorso, fondo stradale perfetto, curve di ogni tipo.
L’andatura è sempre rilassata, godiamo della guida e dei panorami che, man mano che si sale, diventano più austeri, imponenti.
Siamo al piccolo casello dove la nostra efficiente tesoriera paga il pedaggio per tutti, ricevendo anche degli adesivi insieme ai biglietti.
Si sale di quota, ad una rotatoria prendiamo la prima delle due deviazioni previste: il ghiacciaio Franz Josefs; la strada continua a salire, salire… Pareti di roccia e cascate lungo il lato destro, ampio panorama dall’altro lato.
Arriviamo in cima, il parcheggio per le moto è fortunatamente molto più avanti di quello per auto e pullman; ci liberiamo dei caschi, lasciamo tutto attaccato alle moto e ci andiamo ad affacciare alla terrazza sul ghiacciaio.
Scenario incantevole, vette innevate, l’enorme vallone del ghiacciaio, specchi d’acqua azzurra sul fondovalle. Bello veramente!
Foto, naturalmente e naturalmente visita al negozio per l’acquisto di spille ed adesivi. C’è anche il sole, il cielo è pulito e le vette intorno sono fortunatamente tutte libere da nuvole.
Abbiamo modo di vedere, al parcheggio, diverse moto “strane” e personaggi eccentrici. Ci rimettiamo in marcia, ripercorrendo in discesa la strada fatta per salire e fermandoci per qualche foto ancora presso un laghetto ed una cascata lungo la via.
Ripresa la Grossglockner AlpenStrasse continuiamo a salire; una serie infinita di ampi curvoni e tornanti stretti… Ci fermiamo ancora una volta per una foto panoramica, al passo vero e proprio e poi, imboccato il tunnel, riprendiamo la marcia. Arriviamo al piazzale dove ci attende l’altra deviazione: la salita ai 2.500 e rotti metri dell’Edelweissspitze.
Strada strettissima, dobbiamo attendere che si svuoti il piazzale in cima prima che i “commissari di percorso” ci diano il via libera per salire. Solo tornanti, non ci sono curve di altre misure.
Ricapitolando: salita molto ripida e molto stretta, solo tornanti e pavè! Arriviamo in cima e lo spettacolo circostante, dal belvedere del piazzale, è da mozzare il fiato!
Si può ancora salire, a piedi ovviamente, di qualche metro sulla torretta e vedere ancora più lontano. Siamo stati molto fortunati a beccare una giornata di sole pieno proprio oggi, sul Grossglockner!
Ma la fortuna, si sa, aiuta gli audaci…
Si scende e la discesa ci rende consapevoli che stiamo per abbandonare il luna park.
Passiamo numerosi ed ingombranti trattori d’epoca che avevamo già notato sui passi Italiani, ma qui sono veramente tanti; noi, con le moto, comunque riusciamo a svicolare abbastanza velocemente.
Arriviamo a valle, ci aspetta una statale larga ed anonima; facciamo rifornimento e dopo qualche malinteso con i TomTom riusciamo a prendere la strada che ci porta a Bad Gastein.
Strada molto più piacevole, montana, curvosa ma non troppo se non nella parte dopo la sosta per lo spuntino.
Questa volta lo spuntino è un semplice panino a testa, neanche un gran che. MrSergio gira la clessidra e dice che è ora di ripartire, con grande soddisfazione da parte mia perchè la stessa esortazione la stavo per fare io. Anche ad Anterselva, sia lui che Andrea, avevano colto al volo l’importanza di partire subito per non perdere il semaforo verde…
In sella! Una ripida salita e qualche tornante ci portano fuori dal paese e poi ci addentriamo in una valle amena, molta vegetazione, seguendo la quale arriviamo al capolinea.
Qui dobbiamo caricare le moto sul treno e non posso non rimarcare che il via dato da MrSergio è stato quanto mai opportuno, perchè attendiamo solo pochi minuti, il tempo di fare i biglietti, che già possiamo imbarcarci; altrimenti l’attesa sarebbe stata lunga assai, perchè il treno parte ai venti minuti di ogni ora! Anche qui, come al passo Stalle, abbiamo giocato d’anticipo.
Le moto sui pianali delle carrozze, cavalletto laterale e prima innestata; l’addetto provvede, con grazia e perizia, a tesare le cinghie a cricchetto per assicurare le moto.
Mi viene in mente la traversata per la Grecia, dove dovemmo reperire da soli, sul traghetto, le cime ed assicurare sempre in prima persona le nostre moto…
Il treno parte, si infila ancora di più nella stretta valle e poi imbocca una lunga galleria.
Sembriamo dei pendolari stanchi, al rientro dal lavoro ed infatti la palpebra cala velocemente, inesorabilmente.
Pochi minuti, comunque, e siamo all’altra stazione, Mallintz.
Da qui attraversiamo una bella e lunga valle, immersa fra montagne e boschi e la strada è accompagnata da un allegro fiumiciattolo, che oltre ad acque limpide offre alla vista qualche cascatella.
Una sessantina di chilometri e siamo a Linz, la piacevole strada finisce qualche chilometro prima. Ci fermiamo, facciamo il punto della situazione: salire di nuovo al passo Stalle e scendere poi a Rasun di Sopra, nostra meta, oppure continuare sulla statale e passare il confine a San Candido? Si decide per la statale, in quanto Freeblue è un pò in apprensione per le indicazioni provenienti dall’amperometro della batteria. Il tempo di percorrenza sarebbe lo stesso sia per il passo che per la statale, ma ovviamente in caso di necessità al passo saremmo isolati.
Statale dunque, un pò di traffico ma neanche tanto; San Candido, Dobbiaco, Lago di Valdaora ed infine la deviazione per Anterselva, la stessa che imboccammo da Brunico per salire allo Stalle.
Pochi chilometri, una rotatoria e siamo in piena campagna, con le montagne a fare da sfondo; la locanda è proprio qui, bella, antica, bianca.
Ci piace, impastoiamo le moto ad una staccionata, sono proprio degli infaticabili cavalli che ci hanno portato a dorso per tutto il viaggio, incuranti delle ripide salite, della pioggia, del caldo.
Sciogliamo i bagagli, la pittoresca signora, pignola all’estremo ma molto simpatica, ci consegna le chiavi delle camere solo dopo averci sequestrato i documenti “manca uno, chi manca ti voi?”… sembra la moglie del Professor Kranz, tetesco di Cermania! Una più morbida -e carina- inserviente/cameriera ci accompagna al primo piano, nostra esclusiva proprietà! Le camere sono ampie, luminose, antiche come tutto il resto.
Solita routine: si sistemano i bagagli, doccia e poi si scende per la meritata birra.
Gironzoliamo un pò per il giardino, la signora appare molto compiaciuta dei nostri apprezzamenti per l’orto ed in effetti, anche se mancano i cetrioli, è molto ben curato come tutto da queste parti.
Ci illustra le varie piante, inclusi un “pasilico di montagna, si” ed una pianta di “menta al limone, menta al limone, ja”.
Ci aspetta la birra, sotto il porticato dell’ingresso, con un tavolone di legno massiccio e le relative panche. Gradini di una pietra antica e consunta conducono al porticato, tutto intorno è verde, è fattoria, è puzza di cacca di mucca, non del tutto sgradevole per chi ha passato le estati dell’infanzia dagli zii in Abruzzo. Ricordi antichi riaffiorano, dunque, e sono piacevoli, sono dei lunghi periodi estivi a scuole chiuse, ricordi di libertà incondizionata, regolata solo dalle ore dei pasti, ore sacrosante ed immutabili per i contadini.
La birra, dunque, accompagnata da chiacchiere e cazzate varie. Ci informano dalla cucina che si cena molto presto ed alle 20 siamo a tavola.
Che cena, ragazzi! Avevo avuto informazioni a riguardo, quando scelsi questa locanda, ma non speravo tanto!!!
Vi risparmio l’elenco, ma sappiate che dall’antipasto al dolce è stato un susseguirsi di piatti tipici molto molto buoni. Vino rosso, naturalmente.
Siamo contenti che anche domani sera potremmo gustare questa cucina! Il dopo cena, data l’ora della stessa, arriva presto… prendiamo possesso di un tavolo al primo piano, il nostro piano riservato.
Le carte immancabilmente vengono smazzate e distribuite per la solita “merda”, ma poi, dopo i vani tentativi delle sere precedenti, riusciamo a cambiare gioco, molto più triviale, nel quale i nomi dei concorrenti vengono cambiati in frasi che dire sconce è dir poco!
E così, fra un “maaa popo cacato er cazzo” ed un molto più gentile “aaa sgarato n’culo” arriviamo all’ora del meritato riposo.
A domani, amici!

E l’indomani arriva, puntuale. Alle sette io e Freeblue siamo già al corral dei cavalli… delle moto, cioè.
Andiamo dall’elettrauto a ritirare la batteria d’auto che Freeblue aveva ordinato ieri pomeriggio. Rapidamente torniamo alla locanda e ci mettiamo subito al lavoro: praticato un foro sul fondo del baule e sul portapacchi per poter far uscire i cavi, installiamo la batteria nel baule stesso. Assembliamo i cavi, montiamo i morsetti sulla batteria; prima di collegare i cavi a questa nuova batteria li stendiamo ordinatamente sotto la sella e li connettiamo alla batteria della moto, poi alla nuova, isolando i morsetti con nastro americano. Avviamento, la moto parte con un minimo di arrancamento iniziale.
Bene, operazione conclusa, possiamo andare a fare colazione.
Oggi la nostra meta è il lago di Misurina e la salita alle Tre Cime di Lavaredo.
Ripercorriamo la statale per Dobbiaco, prendiamo la deviazione per l’omonimo lago; il percorso, inutile a dirlo, è molto gradevole; si snoda fra laghi e boschi e sullo sfondo le imperiose montagne.
Misurina, deviazione per la salita alle Tre Cime; pedaggio, soldi buttati rispetto al Grossglockner, in quanto pur essendo bellissimo il tracciato è pessimo nel fondo asfaltato.
Il posto è incantevole, comunque, e dopo una lunga serie di curve e tornanti sempre in salita, arriviamo al rifugio Auronzo. Prima ci eravamo allungati fino al piazzale superiore, ma nuvoloni neri nascondevano le cime e così abbiamo parcheggiato sotto e siamo entrati nel rifugio.
Una cioccolata calda ci sta, una fetta di torta anche. Seduti al tavolo del rifugio apriamo la carta stradale e vediamo quale strada prendere dopo questa sosta.
Ci dilunghiamo, speriamo che gli squarci di azzurro che vediamo in cielo possano aprirsi anche sulle tre cime, ma è una vana attesa.
All’angolino dei souvenir ci procuriamo le solite ed irrinunciabili spille, adesivi ed in più qualche buff da indossare sotto il casco.
Riprendiamo le moto e scendiamo a valle, un pò dispiaciuti per non aver visto le Tre Cime, ma pazienza, siamo consapevoli di essere stati fortunati sul Grossglockner e nel resto del viaggio.
Passiamo il lago di Misurina e proseguiamo per Auronzo di Cadore. Bella strada, sinuosa, abbastanza ben tenuta, attraversiamo boschi verdi e rigogliosi.
Ad un certo punto la pioggia ci ricorda che esiste anche lei; gli amici si fermano ad indossare gli antipioggia; io proseguo, perchè la mia nota insofferenza a fermarmi per indossare l’antipioggia si giustifica dicendomi che il paese è a pochi chilometri e se dovesse continuare a piovere potremmo approfittare per fare la sosta spuntino.
Detto, fatto! Dopo una curva vedo una insegna tanto scarna ed essenziale quanto invitante: è una trattoria in mezzo alla campagna, prima di entrare in paese.
Mi fermo, parcheggio: mentre Lucilla va a chiedere al locandiere se è possibile pranzare io chiamo gli amici al telefono, dato che la ricetrasmittente collegata all’interfono è fuori portata; mi risponde Marmar e lo avviso che siamo fermi dopo il curvone a destra, davanti alla trattoria.
Nel frattempo arriva Flo, che non ha indossato l’antipioggia per la semplice ragione che non lo aveva. Intrepida ragazza, non si ferma e non si spaventa davanti a nulla; anzi, a volte si spaventa ma vince le paure e prosegue come tutti gli altri. Sta diventando una motociclista coi fiocchi e questo viaggio, fatto con la sua nuova GS 700, le sta regalando una carrettata di esperienza.
Arrivano gli altri, parcheggiano anche loro e ci accomodiamo nella trattoria, senza fronzoli come la sua insegna ma già si respira un buon profumo di genuinità.
Infatti il pranzo è quanto di meglio possiamo desiderare, accompagnato dalle chiacchiere anche istruttive del locandiere.
Ci dilunghiamo, quel tanto che serve ad aspettare che cessi la pioggia.
Poi di nuovo in sella, direzione Passo di Monte Croce di Comelico. Passato il centro abitato ed un lungo tunnel, si inizia a salire e se si sale la strada ovviamente non è rettilinea.
La salita è allietata anche dalle numerose cascatelle che scendono dalle rocce ai lati della strada; bel passo, certo non ci impressiona dopo quello che abbiamo visto nei giorni precedenti, ma la salita è gratificante per la guida e per i soliti panorami; per parecchi chilometri prima e dopo il passo la strada è in eccellenti condizioni. La discesa, poi, non è altro che un susseguirsi di tornanti molto stretti…
Arriviamo così a Sesto, continuiamo a scendere per San Candido, poi Dobbiaco e dopo che Marmar è stato inseguito, raggiunto e redarguito dai Carabinieri con tanto di sirena (!) deviamo per il lago di Braies.
Che spettaccolo: acque di un colore incredibile, trasparenti. Fotografiamo anche la palafitta di legno dove noleggiano barche e che invece il capo della Forestale Pietro-Terence Hill usa come casa nella fiction televisiva.
Un giretto a piedi lungo le rive del lago, che rispecchia le montagne tutto intorno, poi caffè o cioccolata ai tavoli all’aperto del bar sul piazzale, con l’immancabile fetta di torta da dividere fra tutti noi.
Si riparte, torniamo alla locanda; alla solita rotatoria Freeblue lascia la moto al meccanico per far ricaricare la batteria che in effetti, forse perchè troppo grande per la moto, non è al massimo.
Lui ed Annina vengono trasportati alla locanda da Marmar e Flo.
Arriviamo, per questa sera la cena sarà inclusa nella mezza pensione mentre la sera precedente non era stato possibile “perchè la signora non aveva potuto preparare in così poco tempo un menu adeguato…”.
Dopo esserci dati una sistemata andiamo subito a tavola; la mattina ci era stato chiesto dalla cameriera ” a che ora volete cenare questa sera?” Otto e mezza era stata la nostra naturale e corale risposta.
Poco dopo era ritornata dicendo che la signora aveva detto “sette e trenta va pene!”.
Ed alle sette e trenta tutti a tavola; essendo regime di mezza pensione non c’è possibilità di scelta, ma la cena è ugualmente superlativa.
Alla fine alcuni di noi chiedono della grappa, arriva la signora con un boccione da due litri in braccio, cullato come fosse un bebè.
“Crappa ti cirmolo” esordisce fiera. Un Marmar curioso chiede cos’è il cirmolo e lei, minacciosa  e quasi offesa, gli risponde “TUU NON CONOSCE CIRMOLO, NOOO?! cirmolo alpero che sta qvi tietro, che fa frutti ti cirmolo che cadono e io fa crappa ti cirmolo”. Azz, ci versa la crappa nei bicchierini e sparisce. Ci stava benissimo il nitrito del cavallo di Frau Blucher!!!
La cameriera bionda, nel frattempo, prontamente ribattezzata Inga, sta armeggiando con il dosatore di una bottiglia di grappa vera, non riuscendo a comprenderne la funzione.
Marmar glie la illustra e lei, scoperto l’arcano, fa una faccia talmente meravigliata che a me viene spontaneo gridare “WUNDERBAR!” e lei, immediatamente “OHH WUNDERBAR, JA!” e non posso trattenermi dal conseguente, inevitabile “SCHWANSTUCK!”. Per completezza di informazione: la crappa ti cirmolo finisce parte nella bottiglia del vino, oramai vuota, parte a concimare i fiori…
La cena termina, saliamo al nostro primo piano dove, dopo aver cercato a lungo le carte che probabilmente avevano nascosto a seguito del casino della sera precedente, riprendiamo il nostro intellettuale e scientifico gioco della “merda”. Altro che burraco…

La mattina dopo io e Freeblue di nuovo dabbasso alle sette. Prendiamo la mia moto ed andiamo dal gentilissimo, efficiente e simpatico meccanico (complimenti per la splendida officina) a ritirare la sua moto.
Appuntamento per le otto, naturalmente noi eravamo li già da qualche minuto e lui, uscendo da casa vestito da ciclista, ci appella dandoci degli svizzeri per la nostra puntualità.
Seee, svizzeri… In confronto ai Babbaluci sono ritardatari cronici!
Di nuovo alla locanda, colazione e pagamento del dovuto. Maaa… “manca uno, chi manca ti voi?” A Sè, e daje sto cazzo de documento 🙂
La signora ci chiede se rientriamo a casa e noi rispondiamo che no, non oggi; ci fermeremo in Toscana. “JAAA, TOSCANA, MANCIARE PENE!” e mima l’atto di mangiare una pannocchia… Mah!
Si parte, di nuovo Dobbiaco, poi Passo Cimabanche ed infine Cortina, degna di nessuna nota; il tempo di un giro in centro, un’acqua minerale e dopo il rifornimento si procede in direzione Pieve di Cadore e Longarone. Qui avevamo programmato una doverosa visita alla diga del Vajont. La strada, una bella e curvosa strada di montagna che nel rispetto della sacralità del luogo viene percorsa a bassissima andatura, ci conduce sul posto. E’ impressionante la vista del costone di montagna dal quale si staccò la frana! E’ impressionante ricordare quanti morti procurò questa immane sciagura, in pochissimi minuti!
Attraverso il camminamento arriviamo sul bordo della diga, poi mesti ritorniamo alle moto. Brutto colpo, ma non si poteva passare di qui senza fare un doveroso saluto a quanti sono morti, inconsapevoli ed incolpevoli.
Autostrada, solite soste pipì e carburante… ma non si potrebbe inventare qualcosa che, facendola direttamente nei serbatoi, ci faccia risparmiare tempo e denaro? No, eh?!
Arriviamo a Bologna in una tirata, poi mi incasino con le uscite ed invece di prendere la rampa per l’autostrada direzione Forlì, esco più avanti e mi trovo dopo un paio di giri sulla via Emilia.
Che palle, semafori e andatura lenta. Sarà la stanchezza oppure sarà il pur valido TomTom, non aggiornatissimo, perchè anche Freeblue aveva tentennato in quella che doveva essere la nostra uscita.
Vabbè, arriviamo a Forlì, la successiva salita al Muraglione dissiperà stanchezza e pensieri. Fa caldo, molto caldo. Un pò di frescura al Muraglione, seduti all’ombra degli alberi, e l’acqua minerale ci ristorano a sufficienza. Riprendiamo la strada per Camaldoli, che purtroppo passa per il Valico di Croce ai Mori; per la seconda volta nella nostra storia passiamo il valico alle 19, in solitaria.
Espletata anche questa pratica, ma poi il resto della strada per arrivare a Camaldoli non è che sia pianeggiante e rettilinea, tutt’altro!
Arriviamo, dunque, e dopo aver parcheggiato le moto prendiamo possesso delle camere nell’antica locanda. Meno male che qui si può cenare ad orari ragionevoli e siamo a tavola poco prima delle 21. Cena eccellente, ricca, gustosa! Dopo Alleghe abbiamo sempre cenato egregiamente, in modo degno della nostra cultura Babbaluca. Anche negli spuntini a pranzo siamo andati sempre benissimo, tranne lo scarno panino a Bad Gastein. Una media eccellente, direi.
Stasera niente gioco a carte, due passi fuori la locanda e poi a nanna, la giornata è stata lunghissima e molto faticosa.

Domenica, stiamo chiudendo il cerchio…
Due passi prima di colazione, vedo Flo in tenuta running che esce dalla locanda per la sua corsetta quotidiana; io e Lucilla ci prendiamo un caffè al bar in attesa della colazione.
E ci siamo tutti, attorno al tavolo; bella colazione, con prodotti fatti in casa: crostate, sbriciolona, ciambellone, biscotti…
Si paga e si parte, di nuovo in sella, la quale ha preso la forma delle chiappe e, per proprietà transitiva, le chiappe hanno la forma della sella… chiappe in memory foam!
Saliamo all’eremo, naturalmente, a beneficio di coloro che non lo hanno mai visitato ed anche per quelli che lo conoscono già; è un luogo mistico e mitico, atmosfera surreale e pace vera.
Però, ogni volta che varco il cancello, non posso fare a meno di ridere pensando a Murdok che, come un bacarozzo tutto nero, faceva foto sdraiato in terra ed il frate che mi chiedeva “è vostro amico? sta bene”?
“AVOJA” era la risposta valida e corretta per entrambe le domande. Che gente, i Babbaluci!
Dopo la visita chiediamo a Flo se se la sente di scendere per il Fangacci ma no, non se la sente.
Scendiamo allora per la stessa strada per la quale siamo saliti, una stretta via fra altissimi abeti e castagni che segue il corso di un suggestivo ruscello.
Avevamo deciso di fare Bibbiena e poi il Valico dello Spino, ma mi dirigo verso Badia Prataglia; rifornimento al solito distributore e poi, prendo per il Fangacci.
Non è mia intenzione ingannare Flo, anche se un pensierino ce lo avevo fatto; mi fermo invece alle Tre Cascate, dove facciamo le foto.
Ripartiamo, disoriento gli amici prendendo a salire per il Passo dei Mandrioli, ma poi devio per la semi deserta e suggestiva strada che, attraverso i boschi, ci porterà alla Verna.
Sosta pranzo al bar in piazza, seduti ai tavoli all’aperto ovviamente. Anche qui non va male, focaccia con finocchiona, mortadella o prosciutto e formaggio o pecorino. Un lapsus durante la scelta della seconda serie… dico a MrSergio “pensavo, invece, tu prendessi ficaccia con finocchione a pecorina…” 🙂
Coca cola ed acqua sono il nostro abituale beveraggio durante il giorno, quando siamo alla guida delle moto.
Si riparte, foto di rito al Valico dello Spino e posi si scende su Pieve di Santo Stefano. Sulla strada si possono vedere il traguardo, i cordoli ed alla fine anche la linea di partenza della corsa in salita che si svolge su questo bellissimo tracciato. Poco dopo Pieve di Santo Stefano imbocchiamo la E45, noiosa, afosa, troppi lavori in corso ed abbastanza trafficata essendo domenica.
Non c’è storia da raccontare qui, nessuna nota degna di tale nome se non la sensazione di aver messo a segno, ancora una volta, un viaggio le cui mille caratteristiche positive si possono raccogliere in un solo aggettivo, superlativo: bellissimo!
Belli i posti, belle le strade, le montagne, i laghi.
Bella, sopra ogni altra cosa, l’amicizia dei Babbaluci.
Complimenti a tutti, per lo spirito di gruppo, per la sopportazione, per i km macinati, per la compagnia.
Complimenti a Flo, per aver saputo affrontare questo viaggio che forse era sopra le sue possibilità ma che è stato fattibile grazie alla sua tenacia ed ai Babbaluci, che non hanno mai forzato più di quanto si pensava fosse il suo limite. I passi sulle Dolomiti, il Grossglockner, l’Edelweissspitze non sono cose facili.
Complimenti anche ad Annina che si è perfettamente integrata nel gruppo e nel suo spirito, efficiente Tesoriera ed, oramai, irrinunciabile compagna di avventure.
Complimenti a Lucilla ed Annina per aver sopportato la fatica di stare in sella per ore ed ore senza mai mostrare segni di cedimento.
Infine una punta di invidia per Marmar, da parte mia, per aver avuto un surplus di emozioni rispetto a noi tutti. Nella vita è raro ma può capitare di essere inseguiti dai Carabinieri a sirena spiegata solo per aver svicolato fra le auto, per altro cosa obbligatoria dalle nostre parti. Molto più raro è essere inchiappettati da un enorme cane. Ma assolutamente unico è che sia la stessa persona a vivere questi due avvenimenti nell’arco di tre giorni!!! 😀

Grazie a tutti, e concludo con la solita nota di dispiacere per chi non c’era.

Alla prossima, Amici!